“Mi scade a fine Novembre…”
Levità e dolore, appartenenza ed estraneità, comunitario ed extra-comunitario, ordinario ed extra-ordinario, lingua propria e lingua altrui, pazienza e attesa, incertezza e flusso.
Partendo da una frase ripetuta ossessivamente, Carlos Lalvay Estrada riflette sulla trasformazione che ha vissuto attraverso i meccanismi burocratici cercando di cancellarli, ma che in realtà mutano seguendo una reiterazione di gesti, segni e pensieri maturati nell’attesa.
Lo stato di sofferenza per l’impotenza di una realtà restringente porta con se
il bisogno di stravolgere le parole che dettano un limite al suo corpo e che lo
trascinano in un limbo sconcertante.
Una ricerca densa e sottile che viaggia in direzione di una costante e mutevole verifica dei propri mezzi.
Che cosa significa essere artisti sospesi sul confine della mera percezione identitaria?
Che cosa significa essere artisti disciplinati dalle regole del gioco sociale e da molteplici e necessari documenti? A questi interrogativi risponde il lavoro di
Carlos Lalvay Estrada, aggiungendo un’ulteriore dimensione creativa alle
regole del gioco semantico-emozionale.
Accanto al grande telo di jeans, su cui è stampato il nuovo lavoro verbale polisemantico, entrano in dialogo alcuni disegni su carta dell’artista, in cui
agili forme astratte si intersecano tra loro in un processo di infiniti rimandi e
trasformazioni immaginarie. Un’altra pratica espressiva che libera il divenire delle linee e delle figurazioni associative in rapporto con lo spazio del foglio e con quello della mente di chi traccia i segni e di chi li guarderà.
Oltre la carrozza numero 5
7/17 marzo
MUJI Milano
Opere di Carlos Lalvay Estrada
A cura di Giacoma Di Vieste
Carlos Lalvay Estrada (1985), La Maná, Ecuador.
Vive e lavora a Genova. Disegnatore per istinto, fabbricatore per cultura, nella sua pratica si confronta durante gli anni con diverse espressioni e linguaggi, fino a cominciare nel 2012 con Pietro Repetto, tecnico della stampa, PICA.
Il progetto fonde l’illustrazione grafica con la stampa al cianotipo, realizzando, a mano, su carta e stoffa pezzi unici e tirature limitate. Traccia, attesa e luce sono le componenti fondamentali della pratica.
L’allestimento vuole raccontare il processo necessario per la stampa e i diversi modi di realizzazione dei negativi che durante questi anni hanno subito un’evoluzione, dal tratto minutissimo al gesto in una progressiva dissoluzione e negazione del negativo stesso.
Vuole anche farci entrare nell’immaginario dell’artista che fedele al suo fabbricanesimo continua ad investigare temi come memoria, ricordo delle origini e luogo presente.